domenica 10 settembre 2006

Joint Space



Il padiglione Estone ospitato dall’Associazione Culturale Spiazzi in Campo S.Martino a Venezia presenta la mostra “Joint Space”.
“Joint Space” esplora le possibilità di creare uno spazio “super-personale” interfacciando il telefono cellulare con la tecnologia web.
Architetti, urbanisti e geografi hanno collaborato con scienziati geo-informatici per eliminare la mancanza di vitalità delle mappe tradizionale.
L’Estonia è attualmente all’avanguardia nell’applicazione delle nuove tecnologie – parcheggi, biglietti di autobus e servizi bancari ai quali si accede via cellulare sono ormai di uso quotidiano per questo piccolo paese del Nord Europa. Perfino il governo viene eletto e opera on-line. 
 
Il padiglione Estone della Decima Biennale di Architettura si propone creare un incontro tra la tecnologia ITC e la pianificazione urbana.
L’85% delle telefonate iniziano con “Ciao! Dove sei?”. Perché chiedere, quando il vostro telefono cellulare può identificare la vostra posizione? 750 persone hanno evidenziato 450 000 punti di posizionamento in questi ultimi anni.
Questo input ha creato un sistema di comunicazione in tempo reale chiamato JOINT SPACE. Un’interfaccia che da un sistema di mappe, apparentemente neutre, ne estrapola dei dati “ricchi di umanità”.
Quali sono oggi le possibilità per un cittadino di esprimere la propria personalità in un sistema urbano?
Uno spazio che riflette, riconosciuto dall’individuo, il suo bagaglio culturale, la sua identità sociale, ecc. Come si può descrivere, nel virtuale, uno spazio che nella realtà ha così molteplici sfaccettature spaziali e culturali?

Al giorni d’oggi, possiamo esprimere la nostra personalità aumentando la nostra percezione dello spazio e dell’uso che ne facciamo. Una personalità cosciente della sua intelligenza, crea un’immediata trasformazione dello spazio.
In JOINT SPACE abbiamo unito la posizione in tempo reale e l’identità così cercando di creare una possibilità per la realizzazione di uno spazio personale. Lo spazio personale è un valore aggiunto, è la diversità. Impersona la nostra storia personale.
La paura della sorveglianza ci interessa: la localizzazione è davvero così importante, così privata? Perché la gente sceglie di mostrarsi? O di non mostrarsi? Quali sono le possibilità di sviluppo creativo nel caso si decidesse di partecipare e quindi mostrarsi, senza ignorare le possibili controindicazioni?

LA MOSTRA, il padiglione Estone consiste in:
1. JOINT SPACE – un sito internet proiettato su uno schermo interattivo per vedere i movimenti della gente in tempo reale.
2. PROJECTS effettuati grazie all’uso della rete mobile in Estonia:
· SOCIAL NETWORKS – possibili nuovi spazi per l’Accademia d’Arte Estone
· LEISURE TIME SPACE – analisi turistiche
· THE DISPERSATION ON CITIES SPATIAL CONCENTRATION – analisi della periferia
3. FILM proiettati su uno schermo, una visualizzazione artistica di diverse identità basate sugli spazi/strade a Tallinn.
4. BOOK sul posizionamento, la pianificazione e la rivoluzione – testi di scienza, filosofia e poesia.
5. MUSIC musica Estone, portando le note dello spazio auditivo estone a Venezia, sia in esibizioni dal vivo che tramite diffusione.

I governi locali e le politiche urbane a cui viene affidato il potere di decisione non sono ne categorie adeguate ne tanto meno strumenti per l’organizzazione dello spazio.
Le decisioni politiche dei governi locali possono essere inadeguate rispetto alla complessità attuale o possono avere grande influenza nell’organizzazione del territorio. Crediamo che esista uno spazio di crescita personale per ogni individuo.
Il sistema che fa funzionare la società dei consumi può darci una spiegazione di tutto ciò.
La gente si appropria di competenze-conoscenze, spazi, infrastrutture e modelli prefabbricati dell’essere questo/fare questo. Guardando più strettamente a questo spazio vediamo persone piegarsi inconsapevolmente a situazioni a loro imposte. In altre situazioni, è possibile controbilanciare questi codici precostituiti con l’intelligenza.

Il quesito è come alcuni gruppi di individui possono farsi ascoltare. Non con un’azione unica che in una situazione critica forza tutti quanti a prendere posizione “sulle barricate”, ma attraverso la partecipazione sistematica, ogni giorno. 
  

venerdì 23 giugno 2006

Fisiognomika

Tre giovani artiste, con tre stili autonomi incontrano i loro personali percorsi trovandosi prima in una performance sensoriale comune e poi in un'esposizione che sottolinea le loro singole ricerche.
CATERINA STEFANUTTI
Nata a Gemona del Friuli nel 1982
Frequenta il 4° anno del corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha partecipato ad alcuni concorsi di pittura regionali ottenendo diverse segnalazioni di merito.
Nel 2005 ha vinto il terzo premio al concorso fotografico nazionale “Pic Nic” di Ceolini (Pn).

Da anni si interessa allo studio del mondo dei sogni.
Le ultime ricerche confermano che i sogni fanno parte del processo evolutivo e creativo dell’uomo.
L’attività onirica ha come fine di richiamare l’attenzione del soggetto su quegli aspetti della personalità che non sono stati sviluppati e che quindi possono essere d’ostacolo alla crescita della stessa (processo d’individuazione – C.G.Jung)

“Più il sogno sarà impresso nella memoria più sarà utile ed efficace“ (T.Chetwynd), quindi per garantire questo processo, è utile scrivere, condizione che ci permette di fissare e mantenere cosciente ciò che ci suggerisce. Dato che il sogno ricorre per lo più in immagini esso rispetta questa forma di comunicazione.

La pittura di Caterina Stefanutti si concentra sul concetto di scrittura e linguaggio del mondo onirico e vuole scoprire un metodo di “autoguarigione” già latente in ciascun individuo.


 FRANCESCA GITTI
Nata a Desenzano del Garda il 14.11.1980
Iscritta al 4° anno dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Ha partecipato a mostre ed eventi nell’ambito del territorio bresciano 


Lavora tra Brescia e Venezia. La sua pittura vuole essere un’indagine introspettiva e visionaria.
Si esprime con colori forti, partendo da un segno semplice e incisivo, pur utilizzando un linguaggio complesso, simboli filtrati attraverso il mondo che la circonda e soprattutto le emozioni e sensazioni più intime , profonde e ossessive.


MAYA


La sua pittura è un'esplorazione visionaria dei punti di confine. Mutazione e cambiamento, sia corporeo che cerebrale.
Stati di passaggio, passaggi di stato sono ambiti di solito alienati perché considerati tabù. Analizzando razionalmente, l'artista filtra attraverso se stessa e il mondo circostante morte, nascita, interno corpo interno testa che poi trasforma in espressione
fisica su superfici a terra, dove la mente si fonde col corpo che dipinge, sfuggendo per un istante al dilemma cartesiano.
 

lunedì 15 maggio 2006

Happening

Una parete bianca e il silenzio. Colori, strumenti per intervenire e tasti di pianoforte.
In una miscela d'arti e di modi d'espressione sempre in movimento, il silenzio si trasformerà in musica e il bianco prenderà corpo. Col tuo contributo ed un continuo metterci in gioco daremo vita a un unico lavoro che
poi ci porteremo via, a tocchetti.
Francesco Liggieri, Mirko Morello, Dario Santacroce, Mauro Arrighi, Gianluca Sanvido, Michela Pedro ,e la pianista Ai
progetto all'interno di PrivateGallery

venerdì 28 aprile 2006

Collettivo Rapido "Untitled"

Untitled è una collettiva d’arte contemporanea, ideata e realizzata dal Collettivo Rapido, collettiva che comprende: 9 artisti dell’Accademia di Belle arti di Venezia . Il progetto nasce dall’esigenza di realizzare una mostra indipendente dal sistema artistico e culturale insediato nel territorio veneziano; mettersi alla prova con le realtà già esistenti ed affermate.
Il Collettivo Rapido, ossia l’insieme di artisti che presentano Untitled, si prefigge di fare arte per il pubblico, di creare un rapporto tra le due parti, tra artista e spettatore, mediante l’opera.

L’iniziativa propone diversità negli stili e nelle tecniche espressive proprio per sottolineare la varietà del panorama artistico giovanile.
Gli artisti che vi partecipano provengono principalmente dall’ Accademia delle Belle Arti di Venezia. Gli altri artisti sono: Ada Giaquinto, Andrea Magaraggia, Denis Sljivic, Francesco Liggieri, Maya, Gianluca Sanvido, Michela Pedron, Mirko Morello e Selene Lazzarini.  

Grazie a: l’intero staff dell’Associazione Culturale Spiazzi, In particolare: Emiliano per il design delle locandine e delle cartoline. Gaetano e Michele per l’opportunità e la loro disponibilità.
Un grazie a Barbara Congiu per i testi.

Collettivo  Rapido sente l'esigenza di uscire dai canoni artistici attualmente in uso.
Così l'insieme dei giovani artisti che compongono il collettivo, si porta in mostra, riservandosi il piacere di essere indipendenti da curatori e manager.
In UNTITLED, un ritorno ai primi anni del '900, quando l'artista era promotore di se stesso.
Lo spettatore è occhio vigile e attento alle emozioni dettate dalla nudità delle opere.
Non è presente nessun intermediario, nessuna parola scritta suggerisce, nessuno spiega secondo una propria ottica faziosa quello che la sola arte è in grado di mostrare.
Nessuna guida, vera o ipotetica, in un viaggio artistico molto diverso nei generi.
Alla vista si presentano differenti realtà che permettono di ammirare: quadri, fotografie, sculture e video.




 

sabato 1 aprile 2006

Pablo Villagomez e Pablo Gozalves "paesaggio interiore"

Pablo Gozalves
Nella pittura di Pablo Gozalves si può rintracciare
l’origine storica di quella corrente della grande pittura
quattrocentesca italiana, da Sandro Botticelli e Filippino
Lippi, ma anche di alcune tendenze della figuratività
fiamminga posteriore.
Rembrandt innnazi tutto: il Rembrandt incisore,
non l’artista che inonda la tela di colore, ma quello che
taglia e tormenta la materia per estrarne impercettibili
residui di luce pura. Esuberante di materia scavata
dagli “avatares” della linea sono già, in questo senso,
le prove, i bozzetti, i disegni, le matericissime maquetas
di Gozalves, che preludono ai suoi dipinti “maturi”.
In Gozalves come negli artisti della “precision” europea
(Schiele, senz’altro, ma anche, per altri versi, Bacon
e Freud), la ricerca del colore resta tuttavia inelusa.
La pittura deve perseguire il colore, lo deve assillare:
il colore è il bersaglio da cui gli strumenti del pittore
non possono distogliersi.
Gozalves è latore di un’altra passione. È la passione
della linea, che può solo essere tentativo, ricerca,
amorevole interrogazione, e che induce lo spettatore
di ogni figura, di ogni ritratto, a una ponderazione
misteriosa. Il lavoro infaticabile della linea propone
domande a cui l’arte della pittura non può fornire
risposta certa. Com’è possibile che le immagini
interrogate dalla linea non “pongan el grito en el cielo”
– non esplodano in carneficine di colore – dal deserto
in cui l’artista le trova “esiliate”?
Claudio Cinti

Pablo Villagomez
“presenza come assenza”
“Non è la stessa cosa schermo o riflesso” afferma Pablo.
“Quando ho iniziato questo lavoro, pensavo che il
riflesso di un televisore potesse mostrare solo
l’immagine trasmessa sullo schermo”.
Una volta presi i pennelli, l’artista non riuscì a formare
una sola immagine con entrambi i concetti “perchè
riflesso e schermo non sono la stessa cosa”.
“Come spiega questa affermazione?” In questi schermi
televisivi appaiono scene di “Nosferatu” o “Il cavaliere
senza testa”, film visti più volte dall’artista, così ha scelto
scene specifiche riassuntive.
...il film
Da questa immagine nasce il secondo discorso.
Si riconoscono gli inquilini della casa dove è acceso il
televisore. Si vede la sala con una famiglia riunita
attorno all’apparecchio e si riconosce anche Pablo in
adorazione. Da notare come in questa seconda fase
sembri un riflesso dello schermo.
Un terzo discorso sorge nel momento in cui lo spettatore
affronta l’opera; siamo noi che fissiamo l’ultimo sguardo
generato chiaramente da quel primo momento in cui
l’artista si trovava vicino al televisore e davanti
alla tela bianca. Le televisioni di Villagomez, elaborate
inizialmente come semplici oggetti di uso quotidiano,
ci appaiono come quattro rappresentazioni quasi
sovrapposte. Pablo spiega come inizialmente
voleva l’oggetto nella sua totalità, perciò lo ricrea
con le pennellate.
Ciò nonostante quando ha dovuto dipingere lo schermo
si è trovato con frammenti simultanei di una realtà
difficile da inquadrare

martedì 28 marzo 2006

Zanichelli...dizionario del teatro viaggiante

anteprima-studio
con Titino Carrara
progetto di Federico Bertozzi, Titino Carrara, Laura Curino
regia Laura Curino

l “… Dizionario del teatro viaggiante” è una partitura per attore solo nella quale Titino Carrara racconta la sua infanzia di attore girovago, con una delle ultime famiglie d’arte ancora attive del nostro paese: I Carrara. Il racconto di un’esistenza nomade e zingara, lontana dagli schemi borghesi ai quali la nostra società ha teso dal dopoguerra ai giorni nostri. Un soggetto che affronta il tema della diversità, rivelando un tessuto sociale, appartenuto alla storia italiana, fatto di carovane e teatri mobili, espedienti e repertori teatrali sconfinati, recitati a volte all’impronta e misurati sull’esigenza e il gusto estemporaneo della piazza. Gusto dal quale è dipesa la reale sopravvivenza di una famiglia, che ha fondato nell’arte l’unica possibilità di sostentamento. Un mondo che oggi pare lontano e che sembra assimilabile all’odierna condizione delle famiglie circensi o ai giostrai girovaghi, ma la cui peculiarità “nobile” fece coniare a Benito Mussolini la definizione di “Zingari di lusso”. Perché di questo si è trattato, in fondo: di una continua lotta per l’affermazione di un’identità artistica e nobiliare, in un paese in trasformazione in bilico tra poesia e zingarismo alla ricerca di valori materiali e non incline a volersi riconoscere in realtà alternative.

venerdì 10 marzo 2006

Galere di Filandra e di Siria

Le sonorità etniche e popolari del gruppo presente sulla scena veneziana da alcuni anni sono ora raccolte in un disco che si propone come un vero e proprio ‘viaggio musicale’ seguendo metaforicamente le rotte delle antiche navi mercantili veneziane.
Dalle gighe e ballate ‘celtiche’, fino alle melodie greco-rebetiche, passando per brani medievali francesi e tedeschi, le tarantelle italiane, i ritmi balcanici e klezmer e le armonie arabo-andaluse: una raccolta tra tradizione e sperimentazione.
Andrea Mozzato (chitarra)
Maria Bergamo (voce)
Sandro Caparelli (contrabbasso)
Alessio Benetti (percussioni)

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